Comprensibile/Incomprensibile


“Io sono incomprensibile a Max e lì dove gli risulto comprensibile, si sbaglia”

(Franz Kafka, “Lettere a Felice Bauer”, 20 aprile 1914)

Una delle prime regole da apprendere nella pratica della meditazione e dello yoga in generale è l’eliminazione del giudizio.

Giudicare, infatti, è qualcosa che ci viene come immediato, mette in moto un meccanismo quasi innato in noi: il paragone tra noi e gli altri, il fatto che consideriamo noi stessi una sorta di metron, l’unità di misura, un termine di riferimento, tramite il quale soppesare – a modo nostro – le azioni degli altri.

Capire, invece, è qualcosa di totalmente diverso. Prevede innanzitutto l’ascolto dell’altro e poi ha come conseguenza la capacità di immedesimarsi, il famoso “mettersi nei panni/nelle scarpe dell’altro”.

Decisamente l’opposto.

Significa porsi all’ stesso livello di colui che si è posto di fronte a noi, sperando di essere accolto/capito. Significa fare silenzio ed assorbire ogni molecola di quello che l’altro ha da dirci. Esprimere un giudizio se (e solo se) ci viene richiesto.

Abbiamo tutti quanti più o meno perso questa bella abitudine. Anzi, queste due belle abitudini: fare silenzio in noi e cercare di ascoltare gli altri più a lungo possibile, senza interromperli, possibilmente. Ascoltare, dunque. Fare silenzio dentro di noi e cercare di capire ciò che gli altri ci stanno dicendo. Perché ci stanno dicendo qualcosa, questo è certo.

Dobbiamo ricominciare a fare questo riprendendo anche un’antica abitudine, anche questa scomparsa da un po’: guardare in viso quelli che abbiamo davanti, cercando di leggere il non-detto che è dietro i loro sguardi.

Capire gli altri – o cercare di farlo – è un’impresa quasi impossibile da portare a termine fino in fondo: su questo ha ragione Franz. Non potremo mai farlo del tutto.

Però – come accade nel paradosso della freccia di Zenone – l’optimum sarebbe quello di cercare di ridurre quanto più possibile la distanza che ci separa dall’altro, pur essendo consapevoli che non saremo mai in grado di azzerarla del tutto. Che rimarrà – ineliminabile – qualcosa di oscuro e di incomprensibile: tra noi e gli altri.