“Ma, alla fine, ti senti oslese?”


Bella domanda.

Ho passato qui più o meno un mese, salvo una breve parentesi americana in quel di Minneapolis.

Aker Brigge

Ho camminato molto, ho visto tutti i musei della città, visto panorami, guardato i mille laghetti del lago.

Non ho conosciuto davvero nessuno degli abitanti.

Li ho osservati molto, questo sì.

La mia panetteria/pasticceria preferita

Ho scambiato quattro chiacchiere con gli inservienti dei negozi, con qualche persona all’interno dei musei, ma mi manca ancora molto per conoscere davvero questa cultura.

Provvederò il prossimo anno. Socializzerò.

Intanto, partirà tra breve il blog. Anzi: ripartirà dall’inizio, dai primi vagabondaggi di fine luglio.

Piazzale davanti all’Università

Sono diventata oslese nel mio rapporto con il tempo che fa là fuori. L’oslese medio, quello vero, esce con ogni tempo e guarda come mollaccioni tutti quelli muniti di ombrello e/o impermeabile.

Aker Brigge vista da Akershus

L’oslese vero apre l’ombrello solo se piove a dirotto, non si scomoda per una pioggerellina qualsiasi.

Vale per tutti, grandi e piccoli.

Quelli che stanno passeggiando, facendo sport. Vale per i bambini che giocano al parco, vale per chi sta filando in bici o in monopattino.

In fondo, che sarà mai? Solo pioggia.

Per me che alla prima goccia di pioggia mi trasformo normalmente in un bradipo stanco, questa è stata una vera sfida: ad Oslo piove tutti i giorni e non c’è storia.

Temporale in arrivo

Se vuoi vivere devi uscire e se esci, metti in conto una piovutella. A volte piove per giorni e giorni, ma anche le giornate più radiose si trasformano rapidamente in piovose, qui.

Quindi, regola number one: mai scordarsi l’ombrello.

Gente al parco, mentre piove

Non preoccuparsi se inizia a piovere, anzi: continuare imperterriti a fare quello che si fa. Se si è nel parco, si resta nel parco, se si stava giocando sul prato, si giocherà sul prato e nelle pozzanghere.

Se si è con gli amici in giro a fare nulla, si eviterà di aprire l’ombrello, roba da weirdo.

In questo senso sono diventata un po’ oslese: sono rimasta in casa solo un paio di volte, ma in quel paio di volte la Protezione Civile norvegese ci aveva intimato – anche a noi turisti – di tapparci in casa, per l’arrivo imminente di una tempesta che poi ha provocato un bel po’ di danni intorno ad Oslo.

Quindi, mettiamola così: non sono ancora oslese, ma ho avviato l’iter di riconoscimento dello status.

Finti oslesi a zonzo per la città