…gli orologi dei luoghi in cui sono avvenuti degli attentati si somigliano un po’ tutti…


l’orologio della piazza di Oslo

Anche quest’anno. Questa mattina. Sono andata, come l’anno scorso, al 22 Juli Senteret, il luogo in cui, ad Oslo, si tiene viva tutto l’anno la memoria delle 77 vittime di Anders Behring Breivik.

Il palazzo in cui è ospitato il 22 July Senteret

L’anno scorso ne ero uscita carica di emozione. Non ero riuscita a scattare nemmeno una foto, perché sono convinta (anche ora, mentre scrivo) che sia necessario entrare nel dolore degli altri solo in punta di piedi.

Facendo meno rumore possibile. Invadendo poco o nulla.

Quest’anno mi sono fatta coraggio e ne ho scattata qualcuna, ma sempre nel rispetto delle persone e delle loro storie.

Ho di nuovo seguito quel percorso che racconta l’assurdo, ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti.

(una ragazza, unica sopravvissuta in una stanza piena di suoi coetanei)

Mi ha colpito in modo particolare una presenza nuova: un orologio frantumato, al quale manca un pezzo, quello inferiore.

Apparteneva ad un antico palazzo che si trovava nella piazza in cui è avvenuto il primo attentato, l’autobomba che ha colpito gli uffici del Primo Ministro norvegese, Jens Stoltenberg, laburista.

Questa piazza si trova nel centro di Oslo.

Questo orologio ora troneggia all’interno di una sala tappezzata dalle pagine dei giornali di tutto il mondo che raccontano la strage. Il giorno dopo.

Quel frammento mancante corrisponde a quei ragazzi uccisi in modo così lucido ed assurdo.

Corrisponde all’insensatezza che appare evidente ogni volta che ci si confronta con fatti come questo.

Mentre mi trovavo in quella stanza, non sono riuscita ad evitare di pensare ad un altro orologio. 

Ad un’altra strage che lo ha visto come protagonista involontario: quella del 2 agosto 1980 a Bologna.

Bologna: stazione centrale

Anche in quel caso, quell’orologio, ormai perennemente fermo alle dieci e venticinque, ora dell’attentato, è stato scelto come simbolo.

A perenne e futura memoria di quello che il fascismo è stato ed è ancora in grado di fare. 

Vittime innocenti, per lo più, come i 69 giovanissimi ragazzi uccisi da Breivik in quella terribile caccia sull’isola di Utøya in quel pomeriggio del 22 luglio 2011.