Sgenio e regolatezza


Ingresso del Museo delle Svalbard

Non mi piace la fine delle cose. 

Non mi piace la fine di un viaggio. Fatico così tanto ad abituarmi ad un ambiente diverso che, quando arriva l’ora di ripartire, quando si avvicina il momento del ritorno a casa, all’ambiente conosciuto, consueto e rassicurante, non voglio più farlo. Non voglio più tornare. 

Vorrei restare dove sono.

Longyearbyen

Quando ero partita da Oslo per le Svalbard non avevo la minima idea di quale fosse la reale natura delle Svalbard.

Non avevo avuto (o trovato) il tempo per prendere una cartina e guardare davvero dove diavolo sarei andata a finire per un bel po’ di giorni.

“Vado a nord di Oslo” – dicevo a tutti, senza addentrarmi in particolari che neppure io conoscevo.

La pianificatrice seriale della sua vita, forse per la prima volta era partita così, quasi allo sbaraglio.

E forse era stato un bene.

Fino a qualche settimana prima ero stata alle prese con il libro, con la parte finale della pubblicazione del mio libro: le ultime trascrizioni e correzioni, il controllo delle bozze finali, la scelta della copertina, gli ultimi particolari da controllare insieme all’editor.

Nel frattempo avevo seguito – ma come se la cosa non mi riguardasse – tutto quello che aveva a che fare con il viaggio in Norvegia e alle Svalbard, ma come se stessi organizzando la vacanza di qualcun altro, non la mia.

Avevo fatto la valigia, ma la valigia di qualcun altro. Da lontano. Quasi con distacco. Ero molto stanca e provata da un anno davvero faticoso, per tanti motivi.

Avevo persino omesso di controllare particolari fondamentali (vedi la questione del passaporto) che, proprio all’ultimo secondo, avevano rischiato di tenermi lontano dalle Svalbard.

Me ne ero stata – come in decompressione – alcuni giorni ad Oslo, a godermi la pace di quella meravigliosa città, prima di partire per quell’avventura.

Indicazioni subito fuori dall’aeroporto di

Poi – una volta scesa dall’aereo, a Longyaerbyen, una volta superata la stanchezza di quel lungo viaggio – si era aperto come uno spiraglio nel cuore.

Avevo permesso a qualcosa di nuovo di entrare lì dentro. 

Mi ero – per così dire – ristorata, giorno dopo giorno, fatica dopo fatica, paesaggio incredibile dopo paesaggio incredibile.

A quel punto, dentro di me, non c’era più alcuna voglia di ripartire. 

Di lasciare le Svalbard. Di lasciare la Norvegia.

Per fortuna (conoscendo questo mio aspetto) avevo già stabilito di fermarmi altri giorni ad Oslo, per rendere meno netto il distacco, per assorbire ancora un po’ di Nord nel mio cuore. Fino al prossimo anno.

Longyearbyen

Ecco. 

Questo era il mio stato d’animo il giorno prima della partenza dalle Svalbard. 

Penultimo giorno svalbardese.

La mia testa vagava. Sulle tante cose fatte fino a quel momento. Su quelle che avevo ancora intenzione di fare. Meditavo sulla voglia di scrivere e la convinzione che non sarei stata mai più capace di farlo.

Mi capita spesso: vorrei essere una scrittrice, considerarmi tale, ma sono più spesso presa dall’idea di essere una sorta di bluff. Una scrittrice mancata. Una che si atteggia, senza essere davvero creativa. 

“Sgenio e regolatezza”, definisco spesso questo mood che mi prende: l’idea della mancanza assoluta di talento, unita a tutte le stranezze comportamentali che caratterizzano l’esistenza dello scrittore.

Una finta scrittrice.

Una quinta hollywoodiana, senza una vera struttura dietro. Pura apparenza. Meditavo su pensieri come questo, senza riuscire a venirne fuori.

La mia, forse, era solo stanchezza. Stanchezza mentale che non era decantata del tutto. Quella mattina decisi di resistere.

Verso il museo

Whatever.

Quello sarebbe stato il giorno in cui, insieme alle mie amiche, avrei fatto la semplice turista.

Il primo giorno in cui sarei entrata nei negozi e nel museo, come fanno tutti quelli che vanno vanno in un posto, col naso all’aria.

Fino al giorno prima avevo pagaiato, scarpinato, guardato la costa dal mare, cercato orsi con lo sguardo, fotografato renne e volpi polari, vagato per chilometri su una pietraia desolata, ma non avevo ancora avuto modo di comprare la calamitina con l’orso polare, da appiccicare come un trofeo sul frigo di casa mia, una volta tornata.

Una parte del gruppo aveva deciso di partecipare ad una escursione in quad, nel pomeriggio, io avevo preferito rinunciare. Non mi sentivo bene. 

Avevo un forte raffreddore, la tosse ed il terrore di essermi ammalata di Covid, a migliaia di chilometri di distanza da casa.

Con ancora giorni di vacanza da fare, alcuni dei quali da sola ad Oslo.

Non avevo la febbre e questo mi tranquillizzava. Avevo di sicuro patito il freddo della camminata sull’altipiano e la stanchezza accumulata aveva fatto tutto il resto.

Il corpo mi stava dicendo che era molto stanco.

Meglio riposarsi, meglio il museo. E poi, nel pomeriggio, avremmo conosciuto il famoso Husky Bar, quello in cui i cani da slitta sono accucciati dentro il locale, per la gioia di tutti.

Museo, dunque, la mattina.

Armadietto del Museo

Un bellissimo museo, quello delle Svalbard, pieno di notizie, sulla natura e sulla storia di queste isole.

Il famoso ecosistema, unico al mondo.

Il cammino del sole alle Svalbard, nel corso dell’anno

Gli esseri umani, nel tempo, erano riusciti a colonizzare anche questi spazi difficilissimi da abitare anche per gli animali, quando la maggior parte degli agi che abbiamo oggi a disposizione non erano nemmeno pensabili.

Quando vivere qui significava rischiare la morte. Ogni giorno. E quei primi pionieri avevano resistito.

Essere minatore, per qualche minuto

Lo avevano fatto per lo più per sete di guadagno. Ed avevano trovato carbone e balene.

Questo – che era stato per millenni un paradiso per i cetacei – si era trasformato in una sorta di mattatoio, dentro al quale questi meravigliosi animali erano stati quasi sterminati.

Per sete di guadagno. Fino a pochi decenni fa. 

Ora, per fortuna, non più. Ora qui le balene e tutti gli esseri viventi di questa parte del mondo sono ammirati e rispettati. Studiati. Guardati con gioia, nel corso delle escursioni.

All’interno del museo gli ambienti (umani e non) vengono descritti con accuratezza, per far capire a tutti quanto sia stato e quanto sia difficile ancora oggi resistere qui, a queste latitudini.

  • Munch Museet 1-2-3 (A)
    A volte hai solo bisogno di immergerti nel sogno. Per fuggire dall’ansia di un anno di lavoro, per ricaricare te stesso, prima di tornare a casa tua. Sei arrivata da poco in città e stai costruendo quei punti fermi per te imprescindibili, quelli che ti permetteranno di vivere per un mese in uno spazio del… Leggi tutto: Munch Museet 1-2-3 (A)
  • Opera Theater
    Era stata una mattinata intensa per me. Di belle emozioni. Mi ero avvenurata al di fuori del perimetro noto. Avevo preso dei mezzi pubblici. Mi ero concessa per la prima volta di sentirmi oslese onoraria. Come qualsiasi abitante della città che si rispetti. Per la prima volta ero riuscita ad avvicinarmi a questo edificio, appena… Leggi tutto: Opera Theater
  • Comprensibile/Incomprensibile
    “Io sono incomprensibile a Max e lì dove gli risulto comprensibile, si sbaglia” (Franz Kafka, “Lettere a Felice Bauer”, 20 aprile 1914) Una delle prime regole da apprendere nella pratica della meditazione e dello yoga in generale è l’eliminazione del giudizio. Giudicare, infatti, è qualcosa che ci viene come immediato, mette in moto un meccanismo… Leggi tutto: Comprensibile/Incomprensibile
  • Slottsparken #1
    Sto ovviamente scoprendo l’acqua calda: Oslo è piena di parchi, di giardini. La gente vive circondata da prati, distese alberate, angoli verdi  e/o fioriti, più o meno grandi, più o meno importanti. Basta girare lo sguardo ed è immediatamente visibile almeno una aiuola curata, un piccolo giardino pubblico, da cui magari vi sta osservando anche… Leggi tutto: Slottsparken #1
  • Dalle parti di Akershus (I parte)
    È sabato mattina e la città comincia ad animarsi di turisti che vagano in cerca di cose belle. Proprio come me. In un sabato mattina in cui il tempo sembrava decisamente incerto, sono quindi uscita per andare dalle parti di Aker Brigge, ma sono finita, quasi per caso, in un luogo del tutto diverso. In… Leggi tutto: Dalle parti di Akershus (I parte)
  • My passions
    Perché hai un blog? Because I love writing. On my two blogs I write about my two passions: Prince Rogers Nelson and Norway. 😊
  • 22 luglio
    Poi, un giorno, con calma cercherò di capire meglio perché mi accade questo.  Ogni volta. Perché quando provo ad andare a visitare al Centro 22 luglio, dove sono già stata, mi perdo. Perdo l’orientamento. In pieno centro città. Nel senso che so dove si trova questo Centro, ma non riesco a trovarlo. Nemmeno con Google… Leggi tutto: 22 luglio
  • Arrivare
    Fine luglio 2023 Roma —————–> Oslo Beh, come capita a tutti noi, il giorno del nostro arrivo in un posto nuovo, quello in cui passeremo una vacanza lunga un mese, è sempre un po’ caotico.  Si devono ridefinire un bel po’ di punti interiori. Si deve fare amicizia con il luogo, con la casa, con… Leggi tutto: Arrivare
  • Cosa non è
    Stabiliamo subito cosa non è e cosa non sarà mai. Tra poco ripartirò con questo blog. Che non vuole essere una cronaca in diretta di un lungo viaggio.  Non ci sono particolari indicazioni di natura turistica. Non parlerò di luoghi cool o alla moda. Non mi addentrerò – pur potendolo fare – in descrizioni minuziose… Leggi tutto: Cosa non è
  • “Ma, alla fine, ti senti oslese?”
    Bella domanda. Ho passato qui più o meno un mese, salvo una breve parentesi americana in quel di Minneapolis. Ho camminato molto, ho visto tutti i musei della città, visto panorami, guardato i mille laghetti del lago. Non ho conosciuto davvero nessuno degli abitanti. Li ho osservati molto, questo sì. Ho scambiato quattro chiacchiere con… Leggi tutto: “Ma, alla fine, ti senti oslese?”
  • La strada alternativa: Slottsparken
    Gli oslesi ne sanno una più del diavolo, dammit. Hanno messo insieme questo posto – Slottsparken – che mi ha stregato. È diventato per me un luogo del cuore. Non riesco a fare a meno di lui. Devo passarci almeno una volta al giorno. È il secondo itinerario che faccio per uscire di casa e… Leggi tutto: La strada alternativa: Slottsparken
  • Da casa mia al Sentrum
    Lo ammetto: sono una terribile abitudinaria. Se metto radici – anche provvisorie – da una parte, amo fare le stesse strade, quasi tutti i giorni, perché mi fa sentire parte della routine. Parte di quel posto. Il mio appartamentino qui ad Oslo si trova a 500 metri dall’inizio del Sentrum, il cuore della città. Un… Leggi tutto: Da casa mia al Sentrum
  • Lunedì di divagazioni (Akershus e dintorni)
    La maggior parte dei musei di Oslo è chiusa, di lunedì. Ho trascorso la giornata a girovagare per la città. Sono tornata alla fortezza di Akershus, mi sono trovata una panchina ed ho trascorso un’oretta abbondante a leggere il mio libro e ad osservare le persone. Una papera ha deciso di unirsi a me per… Leggi tutto: Lunedì di divagazioni (Akershus e dintorni)
  • …gli orologi dei luoghi in cui sono avvenuti degli attentati si somigliano un po’ tutti…
    Anche quest’anno. Questa mattina. Sono andata, come l’anno scorso, al 22 Juli Senteret, il luogo in cui, ad Oslo, si tiene viva tutto l’anno la memoria delle 77 vittime di Anders Behring Breivik. L’anno scorso ne ero uscita carica di emozione. Non ero riuscita a scattare nemmeno una foto, perché sono convinta (anche ora, mentre… Leggi tutto: …gli orologi dei luoghi in cui sono avvenuti degli attentati si somigliano un po’ tutti…
  • Casa
    Non c’è bisogno di scomodare Proust, e con lui il Narratore, con le fisime che riusciva a mettere in atto ogni volta che si profilasse per lui l’occasione di partire. Non che non volesse. Anzi. Trascorreva giornate intere a studiare l’orario ferroviario e ad immaginare gli itinerari dei treni, stazione dopo stazione, fino ad arrivare… Leggi tutto: Casa
  • Nonna
    Un bambino arabo di circa tre-quattro anni, dagli occhi scuri ed il sorriso simpatico, si è seduto accanto a me. Viaggiava insieme alla mamma ed il fratello.  Un bambino chiacchierone ed affettuoso. Quando abbiamo iniziato la discesa verso Oslo, avrebbe tanto voluto vedere il paesaggio che man mano si faceva più vicino, ma non poteva… Leggi tutto: Nonna
  • …coming soon…🇳🇴
  • Sgenio e regolatezza
    Non mi piace la fine delle cose.  Non mi piace la fine di un viaggio. Fatico così tanto ad abituarmi ad un ambiente diverso che, quando arriva l’ora di ripartire, quando si avvicina il momento del ritorno a casa, all’ambiente conosciuto, consueto e rassicurante, non voglio più farlo. Non voglio più tornare.  Vorrei restare dove… Leggi tutto: Sgenio e regolatezza
  • Thoughts
    Ero arrivata lì come turista. Ma lo avevo dimenticato quasi subito. Pochi giorni avevano cambiato il mio sguardo su quei luoghi. Il mio modo di stare lì. Alle Svalbard. Un posto magnifico, le Svalbard. A quel punto del mio viaggio – dopo un pacco consistente di attività, escursioni, osservazioni, camminate, anche in solitaria, lungo le… Leggi tutto: Thoughts
  • Thor, dio del tuono e dei muscoli addominali (quarta ed ultima parte)
    Abbiamo camminato per chilometri, quel giorno, dunque. Ventisei chilometri, fatti tutti su una distesa infinita di pietre scivolose ed aguzze. Instabili. Rumorose. A perdita d’occhio. Siamo andati avanti senza sosta. Ad un certo punto abbiamo deciso di fermarci per il pranzo. Sarebbe stato il solito pranzo, fatto di buste e liofilizzati. Eravamo davvero affamati e… Leggi tutto: Thor, dio del tuono e dei muscoli addominali (quarta ed ultima parte)

Lascia un commento