Silenzi


Longyearbyen: il fiordo

Mentre la nostra Amazzone continua a parlare e a raccontare storie nordiche, non posso fare a meno di osservare incessantemente lo straordinario paesaggio che ho intorno.

Non ho mai visto nulla di simile. Davvero mai.

I colori delle montagne

Montagne viola e bruno più scuro, attraversate da intense venature giallo-senape. Pietraie immense, che salgono rapide verso i fianchi delle montagne. 

Ogni tanto, osserviamo i resti di quella che, fino a qualche decennio fa, è stata una miniera per estrarre il carbone.

Pietraie e, in lontananza, miniere abbandonate

Le strutture stanno cedendo sotto l’azione degli agenti atmosferici e spesso si vedono sui fianchi della montagne pezzi di tralicci portanti che stanno pian piano rovinando a valle, seguiti da macerie di vario tipo.

Intorno, solo  silenzio, quasi assoluto, interrotto solo dalle nostre voci e dal rumore dei nostri passi.

Ci si sente degli intrusi, in un mondo che può benissimo fare a meno di noi, che, anzi, potrebbe schiacciarci come mosche in qualsiasi momento e te ne rendi conto guardano la dimensione quasi colossale di ciò che ti circonda.

Acqua che scorre

Sei solo un corpuscolo, in mezzo a quelle pietre, a quelle montagne che sembrano squadrate da un’accetta molto affilata.

Ad ascoltare bene quel silenzio, però, si sente che, qua e là, esso è attraversato da una sorta di rumore di fondo costante: quello dell’acqua, che scorre, senza posa, ad appena un palmo sottoterra. Sotto i nostri piedi.

Te ne accorgi mentre cammini sui prati, che sembrano soffici per natura ed invece sono semplicemente intrisi di acqua. Come una zuppa inglese che si estende per miglia e miglia.

Ciuffi d’erba

In certi momenti affondi nell’erba fradicia fino alle caviglie, se non presti attenzione a dove metti i piedi.

C’è davvero tanta acqua, che scorre sotto di te e va veloce verso il fiume in fondo alla valle e, da lì, verso il mare immobile, di un turchese quasi irreale. 

Un contrappunto continuo al silenzio che domina, quello che senti scorrere, se smetti di parlare e fai silenzio. L’acqua.

Quest’acqua – presente qui in tutte le forme che noi conosciamo: solida, liquida, gassosa – è l’elemento che di continuo modifica, modella senza sosta l’intero territorio. Incessantemente, ogni giorno dell’anno.

Frammenta, sminuzza le rocce, fino a ridurle in sabbia e lo si vede bene dalle pietre, grandi e piccole, che, a causa della tremenda forza esercitata dal ghiaccio, sono spaccate secondo piani geometrici precisi.

Montagne
Fessure

Sembrano dei mosaici preziosi da ricostruire, ma, in realtà, quei sassi fessurati sono in procinto di essere dispersi nel paesaggio, poco prima di essere trasformati dal movimento incessante in pietre più piccole, in sabbia, più o meno fine.

Sassi fessurati

Sempre con l’azione dell’acqua, la grande manipolatrice di questo incredibile territorio.

Mentre cammino ed ascolto, sono rapita dalla trasformazione incessante, continua,  che sta avvenendo anche in quel momento, proprio sotto i miei piedi.

Sassi
Sassi

Uno dei nostri simboli primordiali – forse il più  potente, l’acqua – è in movimento costante e noi ce ne accorgiamo appena, mentre camminiamo, ascoltando quello che la nostra guida – l’Amazzone – ha da raccontarci su quelle terre. 

Mentre lei parla, guardo il mare dalla parte del fiordo. Ancora acqua.

Ghiacciai

Guardo quel cielo basso che è il cielo proprio di queste latitudini ed è uno spettacolo unico a vedersi. 

Sembra non esserci confine, tra il colore del cielo e quello del mare. Un celeste polvere, a tratti turchese, con striature biancastre:  colori gessosi, rarefatti. 

I miei preferiti.

Un’acqua che ipnotizza gli occhi: non si riesce a smettere di guardarla e di ascoltarla. 

L’Amazzone, nel frattempo, con la sua gestualità così icastica, ci indica i ghiacciai (cinque) che si protendono, lontani, verso il mare, “sono come le dita di una mano” – dice lei.

Ancora acqua. Lontana. Solida, stavolta. Ma sempre lei.